Raccontare un prodotto e una marca significa saper coniugare le informazioni visive e orali con i bisogni di chi si reca in farmacia
Nel numero scorso abbiamo parlato di display. Un punto fondamentale per la gestione del reparto, perché le informazioni che il consumatore riceve e memorizza sono prima di tutto visive. Se si classificano infatti le informazioni secondo i sensi tramite i quali arrivano al cervello, abbiamo questi dati:
• Vista 40%
• Udito 20%
• Tatto 20%
• Olfatto 10%
• Gusto 10%
Ma, ovviamente, questo riepilogo risulta estremamente schematico quando parliamo di un processo articolato come quello di acquisto. Nella decisione d’acquisto non è sufficiente che il consumatore riceva delle informazioni, quale che sia il canale utilizzato: deve elaborarle e, soprattutto, incrociarle con quelli che sono i suoi bisogni. Nell’acquisto del prodotto cosmetico, in particolare, i bisogni della consumatrice sono di ordine diverso, funzionale ed edonistico e, in alcuni casi, finiscono anche per sovrapporsi. Nel caso del bisogno funzionale siamo di fronte a un’esigenza specifica. Parlando di prodotti di bellezza, la consumatrice cerca una soluzione per la pulizia, per l’idratazione, per contrastare l’azione del tempo. Un errore comune nell’atto di vendita è individuare il bisogno con un prodotto. In realtà il bisogno è qualcosa di molto più articolato, su cui il consulente alla vendita può intervenire in modo qualificato. Per esempio la richiesta di un semplice latte detergente può essere il punto di partenza per un confronto con il cliente su molti fronti, basta fare le domande giuste.
Analisi della pelle e utilizzo del prodotto
Disponendo di adeguata strumentazione può essere fatto un esame accurato, altrimenti l’addetto competente può individuare dall’osservazione e con poche domande la tipologia di pelle della cliente. E’ la base da cui partire ma, spesso, si dimentica di farlo. Il latte detergente è effettivamente il prodotto più adeguato? La consumatrice si trucca? Non sarebbe il caso di utilizzare uno struccante specifico? E’ assidua nel trattamento? Se per pigrizia o mancanza di tempo a volte omette la pulizia, può essere indicato un prodotto ‘2in1’ per velocizzare il trattamento, come per esempio un’acqua micellare. E andando verso l’estate, non può essere più indicato un prodotto per il lavaggio, anziché un latte? Il tutto, ovviamente, se la consumatrice si dimostra interessata al dialogo. In questo caso si trasmetterà un’immagine di competenza e disponibilità, offrendo un servizio migliore che non con la semplice fornitura del prodotto. Ma c’è anche il caso in cui la consumatrice desidera acquistare esattamente quello che ha richiesto, avendo già fatto le opportune valutazioni. In quel caso, fare domande può non essere opportuno, può diventare addirittura fastidioso. Meglio allora proporre un prodotto in prova, complementare alla referenza acquistata.
Il valore del sampling
L’offerta di campioncini è una delle pratiche peggio utilizzate nelle profumerie e, spesso, anche in farmacia. Alla consumatrice che acquista il prodotto di marca A viene offerto quel che c’è dello stesso brand, spesso infilato direttamente nel sacchetto senza neanche dire di cosa si tratta. Il campioncino non è un regalo: è un invito alla prova di un prodotto che si ritiene possa essere indicato per la consumatrice. Dovrebbe quindi essere accompagnato da una adeguata spiegazione sulle modalità di utilizzo, sulle ‘promesse’, sui tempi di efficacia. Altrimenti è un’occasione persa.
Problematiche specifiche
La consumatrice che si rivolge alla farmacia per l’acquisto di un prodotto cosmetico potrebbe avere un problema specifico, per esempio di intolleranza a determinati ingredienti e l’addetto alla vendita deve essere in grado di indirizzarla al meglio su marchi e prodotti sicuri. Ma potrebbero esserci anche problematiche di tipo diverso, dermatologico e non. In quel caso, qualora l’addetto alle vendite non sia un farmacista, è opportuno che quest’ultimo intervenga, anche solo per una rapida indicazione. L’obiettivo non è fare cross selling, abbinando alla vendita del cosmetico quella di un farmaco o di un integratore ma far percepire alla consumatrice il valore aggiunto della farmacia.
Shopping experience e bisogni emozionali
Quante volte l’acquisto di un cosmetico soddisfa unicamente un desiderio edonistico del momento? Lo abbiamo presente quando apriamo un cassetto pieno di smalti dai colori improbabili… La dimensione emozionale non è solo questo. Pensando alle consumatrici in farmacia abbiamo una grossa fascia di possibili clienti che proprio nella dimensione emozionale possono trovare la soddisfazione di un bisogno. E per le quali la farmacia rappresenta un canale fondamentale. Basti pensare, per esempio, alle neomamme, che concentrano l’attenzione sulle necessità del bambino, ma che possono invece trovare estremamente gratificante l’acquisto di un prodotto per sé, partendo proprio dalla cosmesi. Un processo da tenere ben presente, sia a livello di esposizione dei prodotti, sia nell’approccio delle addette alle vendite. Ma ci sono anche situazioni molto particolari e le pazienti oncologiche ne sono un esempio. Per queste consumatrici anche una semplice consulenza di make up può essere importante. Tornando agli aspetti emozionali del processo d’acquisto, la farmacia ha la necessità di colmare un gap nei confronti della profumeria, che è quello del valore glamour dei marchi. Ovviamente la consumatrice che si rivolge alla farmacia non è interessata al brand legato al mondo della moda ma va comunque coinvolta comunicandole i valori delle marche proposte. Che si tratti di cosmetici a base di piante di una determinata zona geografica o di risultati di un’attività di ricerca importante o, invece, di prodotti realizzati con acque termali dalle proprietà particolari, il mondo che c’è dietro alla marca va sempre raccontato. E, per farlo, è necessario che il personale sia adeguatamente formato, con un rapporto di stretta collaborazione con le aziende.
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